

“Il mare continua a salire. Non è detto che possiamo sempre fermarlo”. Con queste parole si è aperta la riflessione sull’evoluzione delle nostre coste e sul futuro del turismo balneare, al centro dell’incontro “Spiagge 2035: i cambiamenti climatici fra aspetti economici e ambientali”, organizzato da Mondo Balneare e WaterfrontLab nell’ambito della fiera InOut di Rimini svoltosi nei giorni scorsi. Scienziati, architetti, ingegneri, giuristi e amministratori pubblici si sono confrontati su un tema tanto attuale quanto urgente: l’impatto della crisi climatica e dell’erosione costiera sulle spiagge italiane partendo dal caso concreto della Riviera Romagnola.
Secondo Franco Giacotti, presidente di WaterfrontLab, è necessario rivedere completamente il modo in cui pensiamo e gestiamo le aree costiere: “Il concetto di waterfront non è più la linea di costa fra il mare e la terra, ma è uno spazio urbanisticamente rilevante che deve essere gestito in un modo completamente diverso”. Giacotti ha sottolineato come oggi “il problema non è più quello di fare altri investimenti. Le nostre coste sono già molto ricche di aree — e purtroppo anche di aree non utilizzate e non valorizzate”. Da qui l’invito a una pianificazione più consapevole e integrata, capace di valorizzare ciò che già esiste, anziché moltiplicare le costruzioni o i ripascimenti. Servono nuove strategie di adattamento e una flessibilità progettuale. A sottolinearlo il geologo Enzo Pranzini, per il quale la chiave è l’adattabilità: “Bisogna avere un sistema di approccio alle coste estremamente elastico che ci consenta, in ogni momento, di capitalizzare tutto quello che abbiamo fatto qualora si siano fatte previsioni sbagliate o che le cose cambino in modo imprevedibile”.
Pranzini sottolinea la necessità di interventi sempre riadattabili se non funzionano, ponendo così le basi per una gestione dinamica e resiliente del territorio costiero. L’architetto Cristian Gori, balneare di quarta generazione, ha ricordato come la natura stia richiamando i progettisti a una nuova attenzione: “La natura ci sta richiamando all’attenzione ai waterfront come ambienti, in questo caso marittimo-costieri. E nel momento in cui, come progettisti, siamo chiamati a immaginare i luoghi del 2035, dobbiamo trovare nuovi modi per convivere con fenomeni meteomarini sempre più frequenti”. Secondo Gori, le conseguenze di un approccio non sostenibile “possono essere sensibili dal punto di vista economico, fino a mettere a rischio la stabilità stessa delle strutture balneari”. Sul piano giuridico, l’avvocata Stefania Frandi, anche lei imprenditrice balneare, ha richiamato l’attenzione sulle novità normative in arrivo: “Anche il legislatore, nel predisporre la nuova riassegnazione delle concessioni, valorizza la possibilità di progetti di tutela del mare e della costa come elementi di privilegio nella scelta dei concessionari”.
L’ingegnere Alessandro Lombardini, fondatore di Beach Design, ha approfondito l’importanza della progettazione funzionale e dell’uso di materiali adeguati. “Il problema dell’innalzamento del mare è uno – ha spiegato – l’erosione costiera è un altro, e anche l’intrusione marina e gli eventi meteorologici estremi hanno un impatto crescente. La progettazione funzionale degli stabilimenti balneari e una pianificazione adeguata delle strutture aiutano ad affrontare queste sfide”. Lombardini ha inoltre ricordato come l’economia circolare debba essere applicata anche sull’arenile e non solo al territorio urbanizzato. Il punto di vista delle istituzioni è emerso dall’intervento del sindaco di Bellaria-Igea Marina, Filippo Giorgetti, che ha evidenziato la stretta dipendenza della sua città dal mare. “L’economia turistica di Bellaria-Igea Marina esiste in virtù del mare. Il 32% delle attività economiche è direttamente legato al turismo balneare e ricettivo, e la percentuale raggiunge il 75% se si include l’indotto”. Giorgetti ha ricordato come il waterfront rappresenti il punto di passaggio “fra lo spazio non antropizzato del mare e quello antropizzato della terra”, invitando a riflettere sulla tendenza, finora dominante, “a occupare la spiaggia il più possibile”, che oggi va ripensata alla luce dei cambiamenti climatici. Serve un nuovo equilibrio tra economia e ambiente, riprendendo la parola, il geologo Pranzini ha aggiunto un dato significativo: “Abbiamo visto che la ricaduta economica della presenza della spiaggia va ben oltre i limiti che immaginavamo. Ma basare lo sviluppo di lungo termine sulla risorsa sabbia è estremamente pericoloso, perché è la seconda risorsa più usata al mondo dopo l’acqua”. Inoltre un’ulteriore sfida è rappresentata dal mutamento del comportamento turistico: “Le variazioni climatiche stanno già delocalizzando il turismo. Molti turisti del Nord Europa restano ormai a fare il bagno nei loro mari, mentre ad agosto sarà sempre più difficile stare sulle spiagge italiane”.

L’incontro di Rimini ha confermato come il futuro delle spiagge italiane non possa più essere affidato a soluzioni temporanee, ma richieda una visione sistemica, basata su ricerca scientifica, progettazione sostenibile e collaborazione tra pubblico e privato. Come ha ricordato Franco Giacotti, il waterfront deve essere ripensato come “spazio strategico per l’equilibrio tra natura, economia e società”. L’urgenza di adottare strategie integrate e a lungo termine, che passino da un’eccessiva antropizzazione alla tutela, suggerisce che la prossima frontiera sarà la redazione di una “Carta del Waterfront” per definire una disciplina insediativa specifica per questi ecosistemi: un documento di riferimento capace di conciliare la resilienza ambientale con lo sviluppo economico e culturale delle nostre coste.