L’allarme è stato lanciato durante l’evento organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri in collaborazione con il Consiglio superiore dei lavori pubblici ed Assoporti a Roma dal titolo Resilienza dei porti – Le opere di ingegneria marittima e i cambiamenti climatici. I porti, così come le infrastrutture marittime nel loro complesso, rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo economico e sociale del Paese. Rappresentano snodi nevralgici della logistica internazionale, canali preferenziali per l’import-export e luoghi di incontro di diverse filiere produttive. Ma i cambiamenti climatici, l’innalzamento del livello del mare, l’acuirsi di eventi meteo-marini richiedono nuove opere di ingegneria marittima.
I cambiamenti climatici in atto hanno, tra gli altri effetti, quello dell’innalzamento del livello del mare e dell’acuirsi di eventi meteo-marini di maggior intensità. Ciò pone in evidenza il tema della resilienza delle opere di ingegneria marittima. I porti, così come le infrastrutture marittime nel loro complesso, rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo economico e sociale del Paese. Rappresentano snodi nevralgici della logistica internazionale, canali preferenziali per l’import-export e luoghi di incontro di diverse filiere produttive. La resilienza delle opere di ingegneria marittima costituisce un tema fondamentale di dibattito in considerazione dei mutamenti climatici, dell’innalzamento del livello marino. “La resilienza intesa come capacità di un sistema di assorbire shock e perturbazioni mantenendo la propria integrità funzionale – afferma Angelo Domenico Perrini, Presidente del CNI – richiede una revisione profonda dei paradigmi di progettazione, gestione e manutenzione delle opere in ambiente marino. Le metodologie classiche, basate su dati storici, non risultano più sufficienti in uno scenario in cui i trend climatici si modificano in modo accelerato. Diventa pertanto essenziale sviluppare approcci innovativi, che tengano conto dell’elevata incertezza dei modelli previsionali e della necessità di anticipare gli eventi estremi”.
Per contrastare il fenomeno già in atto serve un approccio integrato che combini adattamento, mitigazione e cooperazione per garantire la resilienza delle infrastrutture e la continuità delle operazioni commerciali. Sono queste le linee guida emerse nel corso dei lavori che hanno messo in risalto la strategicità dei porti italiani nel contesto del Mediterraneo: ““Il nostro obiettivo è diventare il secondo pilastro della logistica europea, dando un forte contributo al sistema industriale dell’intero continente, riaffermando la centralità dell’Italia nel Mediterraneo”. Così si è espresso Edoardo Rixi, Viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha aggiunto: “Sul tema della resilienza dei porti dobbiamo distinguere almeno tre filoni: cambiamenti climatici, cambiamenti geopolitici, digitale. Col PNRR abbiamo cercato di aggredire tutti questi aspetti. E’ necessaria, inoltre, una governance del sistema portuale che permetta di avere un’offerta unica a livello nazionale. In un prossimo ddl sarà prevista una nuova società che si occuperà appunto di gestire l’integrazione tra i vari porti”.
L’Italia, assieme all’Egitto, sono i paesi maggiormente a rischio nel Mediterraneo. Gli scenari peggiori, infatti, prevedono un aumento del livello delle acque di oltre un metro nel prossimo secolo. Un altro fenomeno critico è quello dell’arretramento delle coste basse a causa dell’innalzamento del livello del mare. Ciò comporterebbe pesanti ripercussioni sotto il profilo ambientale, turistico-economico e sociale. La terza criticità riguarda il rapporto tra le infrastrutture portuali e il tessuto urbanistico. Molti porti nel nostro Paese sono inseriti in importanti centri urbani, in città di medie o grandi dimensioni. Ciò impone di garantire un corretto rapporto tra lo sviluppo dei porti e una buona pianificazione urbanistica. Ciò al fine di garantire, al tempo stesso, il corretto svolgimento delle attività portuali e una buona qualità della vita dei cittadini coinvolti. In questo contesto, naturalmente, alla corretta pianificazione urbanistica va anche associata un’adeguata rigenerazione urbana. Massimo Sessa, Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ha ricordato il caso dell’antico porto di Traiano che, all’epoca dell’Impero Romano, ospitava ben 350 navi al giorno ma che, una volta mutati gli scenari geopolitici, ha subito un progressivo degrado fino a scomparire del tutto. “I porti sono strutture dinamiche – ha detto – ed ogni intervento deve avere necessariamente un orizzonte temporale preciso e che va programmato. Oggi i picchi di eventi meteorologici sono diventati più frequenti e sottopongono a continui stress le nostre strutture portuali. In questa situazione è necessaria una sinergia tra tutti i soggetti coinvolti”.